La fotocamera Lumix GX80 è la digitale mirrorless di casa Panasonic in versione più compatta rispetto alla Lumix GX8 ma con qualche funzione in meno.
Ne riprende moltissimo la conformazione, ma la dimensione è più simile a quella della GX7, ideale per chi ha la necessità di viaggiare in modalità leggera. Ha un display inclinabile, mirino integrato, un nuovo sensore micro quattro terzi senza filtro low pass (per aumentare la definizione), messa a fuoco veloce con DFD, stabilizzazione a 5 assi (la prima Panasonic ad averla e in cui funziona anche in modo video), supporto per il Dual IS, video 4K con elevato bitrate e una carrellata di funzionalità estremamente creative.
Lo schermo è un tradizionale LCD da 3″ con 1 milione di punti. Offre una visibilità molto buona, con funzione di adattamento automatico della luminosità e una resa cromatica ottimale. Si può inclinare di 90° verso l’alto o di 45° verso il basso, ma non è completamente articolato come nella GX8. Questa è una delle poche rinunce che può far riflettere, poiché, ad esempio, non è possibile effettuare un’autoinquadratura. Non manca il touchscreen, che può essere usato comodamente per l’interfaccia, i menu e per impostare il punto di messa a fuoco, anche mentre si usa il mirino.
Quest’ultimo ha 2,76 milioni di punti ed un ingrandimento di 1,39x. È più risoluto ma un po’ più piccolo rispetto quello della GX8, si usa comodamente e la visuale in 16:9 offre un’ampia copertura dell’immagine anche in modalità video. Una piccola rinuncia però c’è, in quanto non è inclinabile come sulle altre GX recenti.
Due le ghiere per i parametri (indice e pollice), un pad direzionale con 4 pratiche scorciatoie (sensibilità, bilanciamento del bianco, messa a fuoco, avanzamento) e otto tasti di controllo, più quelli dedicati allo scatto e alla registrazione video. L’operatività è molto intuitiva, come Panasonic ci ha abituato, sia in automatico che in manuale, offrendo accesso diretto per tutte le impostazioni principali. Per le poche cose che rimangono fuori, come il metering, vi è il quick menu attivabile tramite Fn2. L’icona raffigura il cestino, ma in modalità cattura non si usa ed è uno dei 4 pulsanti fisici programmabili (5 aggiuntivi sono a display). Fn1 ed Fn3 sono invece dedicati al Post Focus ed alla raffica 4K, due delle funzionalità di più recente introduzione sulle ultime Lumix.
Per quanto sia notevolmente compatta, ci si trova facilmente a proprio agio e il touchscreen è implementato molto bene, sia in registrazione che riproduzione. Il menu rimane il fiore all’occhiello di Panasonic, risultando chiaro e ben organizzato. Alcune sezioni sono fin troppo ricche, ma le voci di menu sono chiare, con icone grandi ed una lunga descrizione testuale che semplifica la ricerca delle varie funzioni.
Per quanto riguarda la messa a fuoco, non troviamo il classico selettore fisico per la modalità AFS/AFC/MF delle sorelle maggiori.
La resa del’AF a contrasto su 49 aree rimane molto valida, coadiuvato dal sistema DFD che gli consente di essere più preciso e veloce. In molte mirrorless i produttori hanno inserito dei pixel per il rilevamento di fase sul sensore, ma su quelli grandi, dall’ASP-C in su, la lettura richiede tempo e la velocità ottenuta non è quasi mai paragonabile a quella delle reflex. Panasonic è invece riuscita a calcolare la distanza del soggetto analizzando la differenza di sfocatura che si presenta dopo il primo micro cambiamento, e il risultato si avvicina moltissimo alla precisione del rilevamento di fase ma in modo più veloce rispetto ai pixel sul sensore e senza dover procedere a tentativi come avviene invece con la ricerca di contrasto.
In modalità manuale ci sono diverse opzioni di configurazione, ma quella predefinita è già perfetta perché offre un ingrandimento dell’area centrale mentre focheggiamo, lasciandoci la possibilità di spostarla con le dita o i tasti freccia, vedendo il resto del frame a dimensione completa sullo sfondo (così da non perdere di vista l’inquadratura).
L’otturatore meccanico della Panasonic Lumix GX80 è stato progettato nuovamente: emette molte meno vibrazioni ed un suono più attenuato. Raggiunge la velocità di 1/4000 (1/8000 la GX8), ma sale a 1/16000 con quello elettronico e silenzioso. I metodi di avanzamento, accessibili con il pulsante in basso del pad direzionale, sono molto ben organizzati. Se ne vedono solo quattro inizialmente ma su raffica, foto 4K e autoscatto vi sono diverse varianti ed opzioni aggiuntive selezionabili con la freccia in alto.
La raffica tradizionale raggiunge gli 8fps, che sono un po’ meno dei 10 della GX8, ma ancora validissimi. Inoltre il buffer regge praticamente all’infinito in JPG e tiene bene anche in RAW+JPG per oltre 8 sec prima di rallentare. Per i casi estremi si può usare invece la funzione di Foto 4K, che salva dei frame video da 8MP in JPG fino a 30fps. Manca il RAW, ma la qualità rimane elevata e si riescono a catturare anche momenti particolarmente fugaci. L’elaborazione può essere un po’ lenta, ma è uno strumento che può rilevarsi davvero utile. Le foto 4K si possono memorizzare in tre modi diversi:
• tenendo premuto il pulsante di scatto per il tempo necessario
• con una prima pressione si avvia e con una seconda si interrompe
• registrando una porzione antecedente ed una successiva alla pressione del pulsante di scatto
L’ultimo metodo può sembrare superfluo, ma in alcuni casi si rivela fondamentale, perché con gli altri la raffica parte effettivamente qualche istante dopo la prima pressione e può già essere troppo tardi.
Oltre agli ormai canonici effetti creativi e panorama (che hanno posizioni dedicate nella ghiera dei modi), vi sono altre due caratteristiche interessanti da segnalare. La prima è il Post Focus (tasto dedicato Fn1), con il quale è possibile scattare una fotografia e selezionare successivamente il punto di messa a fuoco. Il metodo memorizza in realtà un breve filmato in 4K, andando a modificare l’AF rapidamente grazie al già citato DFD. Sulla fotocamera sarà poi possibile cliccare sul punto di messa a fuoco preferito in modalità di riproduzione, estraendo il fotogramma corrispondente come immagine JPG in 4K (i soliti 8MP). Ci sono poi anche il Time-Lapse, attivabile dal menù registrazione, e Animazione Stop Motion, che può essere molto divertente per creare filmati originali e d’effetto.
Per il metering manca un tasto diretto nell’impostazione di base, ma questo è facilissimo da raggiungere attivando il quick menu, perché si trova in basso a sinistra, proprio a portata di pollice. Se però si tende a modificarlo spesso, è anche possibile associarlo ad uno dei quattro tasti funzione.
Come valutazioni possibili abbiamo le classiche multipla, centro pesato e spot. La Panasonic Lumix GX80 si comporta molto bene già con la multipla e in quasi tutte le situazioni ha prodotto immagini ottimamente esposte. Quando la latitudine di posa non è stata sufficiente a raccogliere l’intero spettro visibile, ad esempio contro sole, il sensore ha permesso un buon livello di recupero in post-produzione. Aprendo le zone buie si presenta inevitabilmente del rumore anche a 200 ISO (che è la sensibilità base), ma i file risultano abbastanza malleabili.
Per il bilanciamento del bianco c’è una scorciatoia diretta a destra del pad direzionale ed abbiamo quello automatico, soleggiato, nuvoloso, ombra, incandescenza, automatico/flash, 4 posizioni personalizzabili e i gradi Kelvin (con step di 100K). Per ognuno di questi è possibile regolare finemente la tinta e i bilanciamenti personalizzati sono comodissimi da usare, in quanto basta premere la freccia sopra e poi dare conferma inquadrando una piccola area di colore neutro. La resa dell’automatico è sufficiente, ma col profilo standard c’è una leggera eccedenza di verde, come da tradizione per la casa.
Dal punto di vista Flash la GX7 è la più completa della serie, nella GX8 il lampeggiatore è stato completamente eliminato per dar spazio ai maggiori controlli e nella GX80 c’è ma non controlla le unità wireless. La sua funzione basilare la svolge discretamente in caso di necessità, ma ovviamente c’è la slitta per l’installazione di flash esterni di maggiore potenza. Il pulsante di sblocco è meccanico (quindi funziona anche a fotocamera spenta) e si trova sul retro in posizione comoda.
Il nuovo sensore da 16MP della GX80 andrà probabilmente ad equipaggiare tutte le Panasonic di fascia media e bassa, mentre per le top di gamma verrà sicuramente usato quello da 20MP visto nella GX8. Visto che quest’ultimo ha apportato un miglioramento minimo, lo svantaggio qui è quasi esclusivamente nei 4MP in meno. L’eliminazione del filtro low pass non sembra aver impattato particolarmente nei risultati, per cui non sarà certamente un elemento discriminante nella scelta. La gamma dinamica è sempre di poco superiore ai 12 stop, riuscendo a rivaleggiare più o meno ad armi pari con le Olympus e posizionandosi al di sopra di alcune Canon APS-C e al di sotto di quelle con sensori Sony (Nikon incluse). Parliamo comunque di una qualità davvero elevata, che consente di utilizzare la GX80 per qualsiasi tipo di attività in cui i 16MP siano sufficienti.
Da sottolineare la nuova stabilizzazione a 5 assi e il Dual IS che ci permette di scattare fino a quasi 1 sec a mano libera a 200mm equivalenti, un risultato davvero incredibile.
Le uniche connessioni fisiche della GX80 sono l’uscita video Micro HDMI e quella Micro USB per il computer, entrambe disposte dietro uno sportellino sulla destra. Come nella GX7 manca l’ingresso audio, che è invece presente nella top di gamma. Anche in questo caso siamo di fronte a scelte destinate a differenziare la linea di fotocamere, ma che non dovrebbero essere un freno per la maggior parte dei potenziali acquirenti.
In basso si trova il vano per la SD e la batteria, una classica BLG10E di Panasonic che qui arriva ad una autonomia di circa 300 scatti secondo lo standard CIPA.
Il collegamento Wi-Fi è semplice (ma manca NFC) e l’Image App di Panasonic offre tantissime funzionalità.
La Panasonic Lumix GX80 eredita quasi tutte le buone funzionalità video della GX8. Questo vuol dire bitrate di ottimo livello, registrazione in FullHD a 25/50fps o 4K a 24/25fps fino a 100Mbit/s. Sicuramente siamo ben lontani dalla professionalità di una GH4, non avendo timecode, uscita video non compressa e ingresso audio, inoltre mancano i profili Cinelike D e V che sono invece presenti sulla GX8. Tuttavia la qualità e l’incisività delle immagini è eccellente e si possono ottenere risultati di altissima qualità. Il 4K è molto versatile, anche per effettuare dei crop in post produzione, ma c’è una nuova funzionalità che si chiama Live Cropping, molto utile per ottenere effetti di scorrimento o zoom in/out direttamente on camera.
Basta attivarla dal menu video e poi si potrà selezionare con il touchscreen l’area di partenza (posizione/dimensione) e quella di arrivo. In fase di creazione ci sono due limiti: il primo è che la durata può essere solo di 20 o 40sec, il secondo è che ogni volta che si preme in un punto viene spostato lì il centro del riquadro. Effettuando un drag, quindi, conviene partire sempre dal centro, altrimenti si vedrà un riposizionamento di scatto che può confondere.
La vera grande novità della GX80 è nella stabilizzazione, in quanto è la prima Panasonic ad averla a 5 assi e in cui funziona anche in modalità video. La resa è davvero strabiliante con focali contenute e inquadrature statiche a mano libera, ma se la cava discretamente bene anche in movimento. Inoltre è stata aggiunta anche la stabilizzazione elettronica, attivabile dal menu video, che effettuando un piccolo crop migliora ulteriormente la resa.
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